Chi scrive la storia senza rendersene conto

Sofia Kravina
3 min readNov 5, 2020

Perché l’omicidio di George Floyd ha scosso la collettività e provocato una rivolta mondiale.

La storia ha le sue leggi. Vi sono alcune vicende che sebbene si ripetano giorno dopo giorno, nel momento giusto hanno un risvolto diverso.

Photo by Ehimetalor Akhere Unuabona on unsplash

Su un autobus di Montgomery, Rosa Parks si rifiutò di cedere il suo posto ad un bianco. Era il 1955 e l’accaduto accese la grande protesta Nordamericana per i diritti civili. Il suo non fu però il primo caso di ribellione simile eppure, per qualche motivo, furono proprio le sue parole, a bordo di quel bus, dopo una giornata lavorativa di routine, a causare un cambiamento interno agli Stati Uniti che si rifletté poi sul mondo intero.

Il 25 maggio scorso l’omicidio di George Floyd da parte di quattro agenti di polizia bianchi di Minneapolis è stato una nuova testimonianza dell’abuso di potere dettato da comportamenti razzisti da parte delle forze dell’ordine. Sebbene episodi simili siano purtroppo frequenti, è evidente che questa volta la forza travolgente delle proteste antirazziste si è fatta sentire in tutto il mondo come mai negli ultimi 50 anni.

Dunque cosa c’è di diverso questa volta? Innanzitutto la dinamica dell’omicidio di Floyd è particolare in quanto strettamente “grafica”: il video che immortala gli ultimi strazianti minuti di vita della vittima sotto il peso del corpo dell’agente che lo immobilizza, suscita una risposta viscerale nella società dell’homo videns. I media digitali hanno infatti permesso a queste stesse immagini di apparire sullo schermo dello smartphone di tutti. A ciò si somma il concomitante periodo di lockdown che ha fatto risuonare il messaggio nel vuoto di un’insolita paralisi della vita pubblica.

Black Lives Matter è un movimento di risposta all’ignoranza e ai pregiudizi ai quali è ancorato il razzismo contemporaneo ma è troppo presto per poter affermare che sia anche sintomo di cambiamento.

Ci vogliono ben più di masse di gente per le strade e qualche scintilla di indignazione per ottenere un’inversione nell’ottica di supremazia bianca insita nell’uomo da secoli. Si tratta di preconcetti alimentati nel corso del Secolo Americano, che ha visto il passaggio della fiaccola d’Occidente dall’Europa agli Stati Uniti: la modernità fu da quel momento associata all’American Way of life, New York divenne simbolo d’avanguardia architettonica e d’uso comune era il termine negroes per identificare gli afroamericani nel paese.

Decenni di progressi economici e sociali hanno aperto nuove porte: il 68 ha rappresentato una svolta ma certamente non un punto d’arrivo. Durante gli ultimi 50 anni sono stati fatti significativi passi avanti negli Stati Uniti e in Europa Occidentale dal punto di vista dello status delle persone di colore, la cui emancipazione è stata possibile anche grazie all’influenza delle seconde generazioni di immigrati. Le proteste di oggi hanno un’eco decisamente più forte che in passato a causa dell’impegno di chi ne prende parte, oltre alla crescente solidarietà di chi ascolta.

George Floyd senza fiato chiamava sua madre nella speranza di poterle rivolgere un’ultima parola. Mai nei suoi ultimi istanti di vita, avrebbe immaginato che il suo volto sarebbe diventato un simbolo nel mondo che si lasciava alle spalle.

Chi protesta oggi grida che la diversità del genere umano è innata, l’indignazione e la discriminazione non lo sono.

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